Ecofondamentalista. Riflessioni di un neo-contadino
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LAVORO

(versione PDF)

In una vita contadina, lavorare non ha lo stesso significato che in una vita da operaio, impiegato, stipendiato, professionista ecc.. , non lo stesso che in una vita cittadina. In queste ultime c'è il tempo del lavoro, che fondamentalmente è lo scambio di tempo, di porzioni quotidiane della propria vita, ed energia, contro soldi. Poi il tempo del lavoro finisce e si è liberi: c'è la vita propria in cui si fa quello che si vuole - e possibilmente ci si vorrebbe divertire o rilassare.
Il “tempo libero”.

Nella dimensione contadina la dicotomia “lavoro” e “tempo libero” non c'è.
Lo esprime perfettamente Jean Giono nella sua “Lettera ai contadini sulla povertà e la pace”:

“Quando parlate con un uomo socialmente tecnico, egli sogna solo tempi in cui le macchine faranno tutto il lavoro e l'uomo lavorerà soltanto qualche minuto al giorno per spingere pulsanti di macchinari o alzare e abbassare commutatori.
E cosa farà per il resto del tempo? Gli chiediamo noi.
Ed egli ci risponde: “Si coltiverà”
Questo pover'uomo ha dimenticato, non sa, non può sapere, nella sua posizione antinaturale, che la vera cultura dell'uomo è precisamente il suo lavoro, ma un lavoro che sia la sua vita, il che, evidentemente, non è il caso di alcun lavoro tecnico.
Non si può sapere qual è il vero lavoro del contadino: se è arare, seminare, falciare, oppur se è nello stesso tempo mangiare e bere alimenti freschi, fare figli e respirare liberamente, poichè tutte queste cose sono intimamente unite, e quando egli fa una cosa completa l'altra.
È tutto lavoro, e niente è lavoro nel senso sociale del termine.
È la sua vita.”

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