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SU RESPONSABILITA' INDIVIDUALE E SOCIETA'

(versione PDF)

In realtà quando si fanno discorsi e considerazioni relative alla “Società” non si parla che di astrazioni: si fanno discorsi in linea generale estendendo elementi che ci appaiono ricorrere a livello individuale ad una generalità di individui che viene considerata cumulativamente sotto il nome di Società, per poi passare ad uno stadio successivo in cui questa “Società” diventa l'oggetto della nostra analisi e la descriviamo nel suo presunto agire come fosse un individuo essa stessa.
In realtà, strettamente parlando, non esiste la “Società”.
Esistono solo gli individui, le persone reali, concrete, viventi. E infatti tutte le teorie, i programmi, i progetti e le analisi che si fanno sulla Società o sui gruppi sociali, sebbene possano essere relativamente utili per un inquadramento teorico di massima, risultano nei fatti inadeguate e finiscono regolarmente per fallire.
Lo abbiamo visto con le grandi ideologie dei due secoli scorsi e lo vediamo oggi nello scarto vieppiù crescente tra i programmi della politica e delle amministrazioni e le loro applicazioni nella vita reale delle persone.
La Società è in realtà originariamente un'invenzione della cultura informata dall'Illuminismo, scientista e positivista, razionalista, astrattista sul piano teorico e del tentativo di accorpare il popolo (sorvolando in prima istanza sulle differenze di classe dopo averne estromesso i nobili) e lo Stato (le sue istituzioni) sul piano politico, mettendo ai margini opposti del quadro, o anche fuori di esso, ciò che attiene al campo di “Dio” e dell'individuo.
Ma, se di fatto la Società non esiste ed esistono solo gli individui, è altrettanto vero che l'individuo vive su più dimensioni: esiste la dimensione sociale della vita dell'individuo ed è lì che vive ciò che chiamiamo “Società”.
Questo però non significa affatto, come nella visione americana(1), che tutto ciò che conta o abbia un senso siano solo le interrelazioni personali dirette dell'individuo e che tutto debba semplicemente venir fuori da lì o esser lasciato selvaggiamente agli effetti collaterali delle attività umane.
Non significa, come nella visione americana, che tutti i rapporti debbano essere considerati méramente al livello del rapporto immediatamente cosciente IO - TU ( che su questa base, in situazioni di conflitto tra gruppi, diventa facilmente un NOI - VOI molto brutale e grossolano).
Nella visione americana i rapporti tra le persone possono essere piuttosto semplici, franchi, diretti, ed anche generosi, l'amore e la relazione possono avere molta importanza e le persone vengono più facilmente considerate come persone e non come numeri o concetti. Ma tutto rimane in un approccio limitato senza ampiezza e senza profondità, tutto rimane sul piano del rapporto immediato IO - TU, ovvero sul piano dell ' Ego.
Ciò che resta fuori dal campo della percezione e della sensibilità di quanto attiene all'Ego è semplicemente ignorato, così ci si può sperticare per il benessere del proprio gattino mentre si può al contempo perfettamente accettare che al mondo ci siano persone che devono essere bombardate perché altre, altrove, (noi) possano pagar di meno la benzina.
In questa ottica ci vuole sempre una qualche misura di coinvolgimento emotivo per interessarsi a o anche solo considerare una persona.
Questo è da un lato un approccio che comporta una considerazione più completa della persona reale e non vista astrattamente come elemento di un insieme teorico (tipo “cittadino”, “proletario”, “camerata”……) - atteggiamento più tipico della cultura europea. Ma dall'altro che non riesce a vedere i vari livelli/dimensioni nei quali si svolge la vita di questa persona come dimensioni/livelli, ovvero su piani di interrelazione che connettono in varia misura tutti i viventi. Limitandosi ai vari momenti della vicenda particolare di quella persona.
Mentre l'approccio al sociale tipicamente europeo, più astratto e ideologico, parte dall'idea dell'insieme a cui l'individuo appartiene e da questo punto di vista fa discendere un concetto di individuo che non arriva a coglierlo nella sua realtà vivente in quanto tale, la visione americana parte dal punto di vista della percezione immediata e superficiale che l'individuo ha di sé stesso, e lì si ferma.
Se guardiamo con attenzione a ciò che la Società di fatto è, non troviamo in realtà che la complicatissima rete di interrelazioni tra tutti gli individui ognuno con la sua caratterizzazione sui vari piani della propria esistenza. Caratterizzazioni che ne determinano anche selettivamente il tipo di interrelazioni con gli altri.
Queste comprendono ciò che si intende quando ci si riferisce ai rapporti tra gruppi o sottoinsiemi sociali, ma è importante mantenere la consapevolezza del fatto che questi 'gruppi' sono utili strumenti teorici di massima, che però in realtà non esistono (anche se la convinzione profonda nella loro esistenza - ma non la loro effettiva esistenza - può agire come una forza che davvero determina i fatti).

D'altra parte, anche se guardiamo in profondità a cosa è l'individuo, non possiamo che vederlo come il punto (ovvero uno dei punti possibili) di intersezione di una vasta serie di piani (i livelli/dimensioni della sua esistenza - fisico, biologico, chimico/alimentare, energetico/psicologico/sessuale, economico, lavorativo, sociale, politico, culturale ecc…) fatti di reti di relazioni estremamente complesse, mutevoli e che si estendono a coinvolgere insiemi di esistenze ed esseri i cui confini si perdono nel sistema planetario e nell'Universo, nello spazio come nel tempo e all'interno come all'esterno dell'individuo stesso.
Questo va molto al di là della percezione immediata che l'individuo ha di sé stesso e molto al di là della sua capacità di stabilire una base emotiva su cui fondare una considerazione per l' “altro”.
Partire dalla realtà della persona individuale vivente va bene, perché se si parte da una idea di persona, legittimata a sua volta dal suo discendere da una qualche idea “superiore”, si va completamente fuori strada, ma questa realtà vivente della dimensione individuale va vista nella sua complessità e profondità di realtà interrelata e va seguita, nella nostra consapevolezza, molto al di là della visione IO - TU, raggiungendone il punto di vista cosmico.
In questo caso è giusto sia partire da che rimanere ne la dimensione della persona individuale reale (che esiste, mentre la Società ed i suoi sottoinsiemi non esistono), ma bisogna sapere che questa persona non è altro che il ruolo (nel senso più ampio, cosmico, o olistico, del termine) che essa svolge nel mondo, nei vari livelli e dimensioni della propria esistenza.
Per cui, se è illusorio considerare la propria condotta dal punto di vista di una idea astratta, razionale o morale, di giustizia, bontà ecc… è anche illusorio considerarla limitandosi al proprio individuale punto di vista personale: bisogna riconoscere la propria realtà come quella di persone individuali e riconoscere realtà solo a ciò che è vivente, fattivo, non teorico. Ma bisogna vederlo da un punto di vista cosmico, planetario, ecosistemico, attraverso l'osservazione e l'esperienza dirette ed anche la conoscenza teorica accumulata da tante altre persone che ci aiuta a tener conto anche di ciò che non percepiamo direttamente (2).
Non però ispirando i nostri comportamenti in base a principi, valori ed ideali astratti. In base puramente al fatto - che non è un principio, ma un dato di esperienza - che si vive complessivamente e alla lunga meglio in un mondo in cui la maggior parte possibile degli esseri vivono bene, potendo in primo luogo soddisfare i propri bisogni vitali primari in modo sano ovvero integrato con gli altri e dotato di consapevolezza, ovvero secondo la propria natura.
Per questo l'etica del comportamento e la leva del cambiamento devono essere incentrate sull'individuo; questo non è in contraddizione col fatto che gli individui possano riunirsi in gruppi ed organizzazioni ed anche Stati e istituzioni, ma non bisogna dimenticare, di queste, la natura convenzionale e strumentale.
Mentre bisogna invece riconoscere sacralità alla propria vita, riconoscere la realtà di 'ruolo' in cui di volta in volta essa prende forma relativamente al contesto, e bisogna farsi carico completamente della responsabilità che ciò comporta.
In altre parole bisogna vivere la propria vita come individui, perché è l'unica cosa che abbiamo (che siamo, come individui), ma senza vederla come una cosa fondamentalmente nostra, vedendola invece da un punto di vista cosmico, in una dimensione cosmica. Dimensione che possiamo considerare a vari livelli, come cerchi concentrici sempre più ampi che, visti dal nostro punto di vista, partono da noi e dei quali quello che chiamiamo 'della Società' è uno dei più prossimi e più significanti.
Il vero problema è che una tale percezione era alla portata di ognuno di noi quando ancora vivevamo all'interno di un orizzonte sociale piccolo, limitato, a misura d'uomo, come era il villaggio, la tribù, la comunità. Quando le attività di sussistenza, perlopiù agricole o di caccia erano comuni a tutti e spesso condivise e le esperienze e la dimensione di vita di ognuno sostanzialmente analoghe a quelle di ogni altro.
In tali contesti la percezione della ricaduta delle proprie azioni e di quelle altrui era diretta, evidente: non c'era bisogno di grande informazione o di una speciale sensibilità.
Oggi invece, sarebbe necessario potersi identificare come membri di un insieme sociale nazionale e sovranazionale così vasto da allargarsi virtualmente a tutta l'umanità mentre perfino a livello locale non condividiamo le attività basilari della nostra vita tranne che con pochissimi colleghi di lavoro. Oggi che i principali spazi di socializzazione sono quelli del divertimento (dove la condivisione rimane estemporanea e superficiale) e che perfino la famiglia è nuclearizzata e priva di radici, bisognerebbe essere individui davvero molto e forse troppo evoluti, dotati di una coscienza che è fuori portata per la maggioranza delle persone, per sentirsi davvero partecipi di questa società di cui non vediamo i confini nei quali si percepisca una base di appartenenza(3).
Questa perciò è sostituita da nozioni morali, pur benemerite ed auspicabili, ma che restano molto teoriche e di principio, piuttosto fragili nel caso di situazioni anche solo moderatamente conflittuali.
Di fatto, siamo passati da forme di insiemi sociali caratterizzati da una solidarietà radicata nella scarsità ad altre animate dalla competizione e tenute insieme da una tolleranza civile e basata sull'abbondanza.
Stando così le cose c'è da aspettarsi che una più che possibile grave crisi economica sarà altrettanto drammatica sul piano sociale e che costituirà un duro banco di prova per il 'buonismo' che oggi aleggia ovunque tra i valori ufficialmente propagandati.
Una prova che potrebbe rivelarne l'inconsistenza e con essa anche l'infondatezza dell'idea di poter, col 'progresso', sviluppare la natura umana come si sviluppa la tecnologia e l'industria, o seguendo il passo delle trasformazioni che queste comportano.
E' la pretesa del 'migliorismo morale', la faccia interna, rivolta verso l'uomo, del progressismo, dello sviluppismo esterno.
C'è la convinzione che il progresso ci abbia reso moralmente molto migliori degli uomini di secoli e secoli fa - …. non so se lo abbia detto il carbonio 14.
Ma forse dovremo scoprire che, come l'ambiente naturale non può sopportare la nostra pretesa di crescita continua, anche noi stessi, che da questo ambiente non siamo estranei, abbiamo le nostre forme e misure che ci sono proprie con i loro limiti e fuori da queste non ci orientiamo bene, ci troviamo squilibrati. E forse faremmo meglio, anche quanto a questo, a prendere una strada che parta da quelli che siamo per arrivare al posto che abbiamo nel mondo adeguandovi le nostre pretese, anche quanto a noi stessi, piuttosto che credere sempre di poter essere al livello dei nostri progetti, per il solo fatto di poterli immaginare, dimenticando perfino la carta su cui li disegniamo.


NOTE:
(1) (americana come un modello tipico di quella 'cultura', ovviamente poi in realtà ci sono certamente tanti americani che non vi corrispondono)
(2) Oggi anche questa è indispensabile dato che è la stessa conoscenza teorica ci ha messo nelle condizioni tecnologiche per cui gli effetti delle nostre azioni vanno molto al di là di quanto possiamo percepire, mentre prima il contesto delle azioni e degli effetti era tutto a misura d'uomo ed era direttamente percepibile.
(3) e non è un caso infatti, se tra tifoserie, bande giovanili, associazioni e club vari si cerca comunque di ricreare e ritrovarsi in ambiti sociali più a misura d'uomo.



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