Ecofondamentalista. Riflessioni di un neo-contadino
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SUL FONDAMENTALISMO DELL'ECOFONDAMENTALISMO

In sintesi…
Secondo i fondamentalismi dottrinari ciò che è buono è fondamentale perché buono.
Per l'Ecofondamentalismo ciò che è fondamentale è buono in quanto fondamentale.
Ma come si rapporta questa fondamentalità con i concetti di “buono”, di “giusto”, con la questione dell'egoismo, con la realtà relativa delle cose?
Il punto è capire ciò che è o meno secondo Natura e fino a che punto noi abbiamo la capacità di comprendere questo. Perché la Natura è l'unica realtà, ma funziona in modo diverso dalle categorie del nostro pensiero. Tanto che il concetto stesso di “essere” e la sua realtà, vengono relativizzati nella concretezza dinamica del contesto della Natura da un criterio di possibilità (compatibilità/sostenibilità) e vanno verificati nella durata.

(versione PDF)

La differenza tra i vari fondamentalismi religiosi, dottrinali o culturali e l'Ecofondamentalismo (fondamentalismo fondamentale) è che i primi danno valore fondamentale a determinati aspetti della vita o ad un certo modo di vivere tali aspetti in quanto corrispondenti ad un fondamento che è una dottrina, una visione del mondo creata dall'uomo secondo certi principi e sensibilità.
In questo modo determinate cose sono buone (sono valori) perché trovano la loro bontà nella visione morale della dottrina messa a fondamento della visione del mondo e in quanto tali sono considerate fondamentali. Di conseguenza una forma socioculturale, economica ecc…, un sistema sociale, insomma, dovrebbe basarsi su di esse.
Da questo deriva la giustificazione di un modello di società ispirata sostanzialmente a questi valori:
- VOLONTA' DIVINA (che risiede nella) DOTTRINA
- VERITA' (che risiede nella) VISIONE DEL MONDO
- FONDAMENTALITA' (che risiede nei) PRINCIPI
- GIUSTIZIA / FELICITA' / REALIZZAZIONE umane (che risiedono nella) FORMA SOCIALE voluta da Dio

Nell'Ecofondamentalismo invece, non è che la fondamentalità di una cosa risieda nella suo valore secondo una dottrina, ma è invece la stessa fondamentalità di qualcosa che ne dà il valore. Questo valore è al di là della bontà come opposta alla non-bontà (il che vorrebbe dire già entrare in un'ottica solo umana e culturale), ma è tutt'uno con la fondamentalità stessa.
La fondamentalità è già di per sé un valore.
E' la fondamentalità secondo la Realtà, secondo la Vita, non secondo gli esseri umani o un gruppo di esseri umani o un individuo o qualche valore/agente/idea/Dio immaginato dall'uomo. E' ciò che è necessario, fondamentale oggettivamente per la Vita e le varie forme di vita, anche umana, e ciò che costantemente ricorre nelle diverse varianti delle forme di vita.
In altre parole per i fondamentalismi dottrinari le cose sono fondamentali in quanto “buone”; per l'Ecofondamentalismo le cose sono buone in quanto fondamentali(1).
Non si tratta di un fondamentalismo come posizione che voglia tener fermi dei valori o dei modi di vita perché non siano portati via dal vento della Storia, ma lo è in quanto va a trovare una base in ciò che già da sé non viene portato via dalla Storia, ciò che è naturale e necessario per vivere e per vivere bene e in modo sano.
E' chiaro che su ciò che è necessario o almeno su ciò che è indispensabile per vivere può essere abbastanza facile trovarsi d'accordo: almeno su ciò che serve alle basilari funzioni fisiche, mangiare, dormire, respirare ecc… e la qualità dell'ambiente in cui si svolgono queste funzioni e ciò che con esse si consuma.
Anche chi non è disposto ad affrontare i cambiamenti nell'attuale sistema necessari a garantire una buona qualità di queste cose non può negare che per vivere sani siano necessari cibo, acqua, aria sani, possibilità di movimento, spazio, un certo contatto con la natura e ritmi di vita non troppo stressanti.
Quando però si parla di ciò che è necessario a vivere bene e sani nel campo della vita sociale, interpersonale, culturale, qui siamo tra le cose che in gran parte vengono portate via dalla Storia. Più precisamente ciò che la Storia porta via sono le nostre opinioni rispetto a queste - che sono molto determinanti dato che il nostro star bene o meno da questi punti di vista dipende moltissimo dalle proiezioni mentali che ci facciamo a riguardo ovvero il nostro modo di vederle e il valore e il significato che gli diamo.
Noi abbiamo dei bisogni che sono fisici/energetici e li interpretiamo culturalmente nelle varie forme di soddisfazione che cerchiamo di dargli. Così, pur mantenendo un nocciolo di oggettività naturale, questi diventano in gran parte dei fenomeni culturalizzati vissuti in modo molto diverso e relativo dalle varie persone nelle diverse fasi della loro vita.
Per questo motivo non si può trovare una regola fissa e certa dato che le situazioni sono sempre diverse, i punti di vista molteplici, e che la tendenza ad aggiungere creazioni mentali e interpretazioni alla realtà è in certa misura intrinseca alla nostra condizione umana.
D'altra parte la strada ecofondamentalista è quella di cercare ciò che è, e all'interno di questo ciò che è fondamentale, non aggiunto culturalmente, e di questo fare una base di partenza per rapportarci alle situazioni della nostra vita e comprenderle/comprenderci per vivere nel mondo in un modo che sia compatibile con esso ovvero che sia positivo dal punto di vista dell'ecosistema prima che dal nostro. Senza per questo misconoscere la nostra posizione al suo interno che è quella di esseri in grado di manipolare la realtà secondo i loro interessi - cosa che del resto in diversa misura ogni specie vivente cerca di fare, ma che nel nostro caso facciamo grazie al potentissimo strumento del pensiero ed i suoi prodotti che costituiscono la Cultura.
Il punto però è mantenere la consapevolezza che quest'ultima è realtà immaginata, che può essere utile e spesso affascinante nelle sue forme, che inevitabilmente ci accompagna e necessariamente si sovrappone al nostro orizzonte, ma non è veramente realtà, tranne in quel suo nocciolo fisico/energetico che al suo interno sappiamo esserci, ma che non sappiamo circoscrivere.
La vera Realtà è questo nocciolo, ciò che noi veramente siamo ed è anche la sorgente di tutte le nostre creazioni mentali per cui possiamo distaccarci da questa o da quella particolare immaginazione, ma non dal loro mondo completamente perché sono la nostra attività, l'attività della nostra energia.
I 'prodotti' mentali di questa attività sono strumenti utili per rapportarci con le situazioni, ma sono in realtà molto legati, nella loro origine, allo specifico caso contingente ed al nostro particolare punto di vista.
Se vogliamo usare correttamente tali strumenti dobbiamo essere consapevoli dei loro limiti e cercare di vedere ciò che è: non basarci su idee di giusto e di sbagliato che discendono da generalizzazioni di principi teorici.
Nella realtà non ci sono il giusto e lo sbagliato: ci sono sempre vari interessi e punti di vista. La differenza è tra ciò che viene da una visione, una consapevolezza, ampia, e ciò che viene invece da una ristretta, egoistica.
Questo è il punto, ed è sempre relativo, non c'è il totalmente sbagliato o cattivo (altrimenti nessuno lo seguirebbe - c'è sempre una qualche ragione, dal suo punto di vista e per quanto travisata, per cui chi fa il 'male' lo fa).
C'è invece solo un più alto o più basso livello di consapevolezza, di chiarezza, di ampiezza con cui si valuta la positività di esistenza di una cosa all'interno di una data situazione concreta. Nei livelli inferiori la visione è talmente chiusa nei propri limiti strettissimi da essere contorta al punto da non portare nessun benessere reale neanche a chi la produce.
In realtà dunque non possiamo stabilire dei criteri di giusto o di positivo secondo principi astratti o universali.
Pur rimanendo solo su ciò che possiamo esperire direttamente e ponendoci da un punto di vista mediamente egoistico (non perversamente o pervicacemente, bensì normalmente egoistico) vediamo che c'è un motivo concreto, non morale o teorico, per preoccuparsi del bene altrui (e quindi agire - o rinunciare ad agire, secondo i casi - di conseguenza): è il dato di fatto che si vive meglio circondati da esseri che stanno bene piuttosto che da esseri che soffrono. E si vive ancora meglio se circondati da persone che si riconoscono e si scambiano nella pratica reciprocamente questa consapevolezza.
Questo è un effetto di armonia che si crea di fatto in un sistema di individui che sanno e agiscono (o rinunciano ad agire secondo i casi) con la consapevolezza che le cose funzionano così: non è qualcosa che discende da un principio morale di giustizia, è un dato di fatto e, se vogliamo, utile da tener presente anche da un punto di vista egoistico.
Per cui, se vogliamo dare una definizione realistica di 'giusto' diciamo che è ciò che, nei limiti del possibile in una data situazione concreta, va nell'interesse reale ( non ristretto, superficiale o egoistico) della maggior parte degli elementi coinvolti in un sistema. Le cose più giuste in assoluto dunque sono quelle fondamentalmente necessarie alla vita, e ad una buona qualità della vita, di tutti gli esseri viventi.
Questo va ben capito perché non si tratta solo di ciò che consideriamo “buono”: fra queste cose, ad esempio, c'è pure la morte che permette il susseguirsi di nuove generazioni, che permette il mutamento genetico, l'adattamento, che è tutt'uno col cambiamento, con la natura di movimento della Realtà, con la Vita.
Questo criterio di “giusto” o di valore quindi è molto concreto ed è complessivo. Su scala molto generale, quando riguarda la vita sulla Terra, è autoevidente; sul particolare, quando riguarda situazioni specifiche, bisogna trovarcisi, guardare le cose caso per caso e non da un punto di vista egoistico, ma come situazione, e neanche secondo principi generali astratti.
Per quanto riguarda un'ottica mediamente generale - e qui torniamo alle questioni socioculturali ed interpersonali umane - dei criteri di massima possono solo servire come basi di partenza, come linee guida di fondo che non danno automaticamente le risposte, ma che non gliene sono molto lontani e vanno tenuti in considerazione.
Per trovarli occorre cercare di avvicinarsi al nocciolo fisico/energetico che sta dentro alle situazioni culturali umane ed il criterio principale per far questo credo sia guardare a quali siano le cose o le modalità/forme che costantemente ricorrono in molte diverse situazioni umane sia geograficamente che storicamente ovvero quali cose si mantengano funzionalmente costanti o simili nelle varie diverse culture. E' attraverso questo tipo di osservazione che possiamo cogliere quanto di natura c'è nelle diverse usanze umane.
E' chiaro, come già detto altrove, che mi riferisco soprattutto a tratti che risultano più evidenti e rintracciabili prevalentemente nelle culture tradizionali, nel senso di quelle che si basano (o si basavano) su una forma di sussistenza integrata nel proprio ambiente naturale e legata ad esso sia materialmente che come orizzonte culturale/immaginifico. A mio modo di vedere queste culture vanno prese in seria considerazione, se non altro, perché sono la maggioranza delle varietà culturali umane nell'arco della nostra storia su questa Terra, essendo quella attuale occidentale moderna sostanzialmente un'anomalia totale rispetto alle altre. Ma devono essere considerate essenzialmente in funzione indicativa, di ispirazione, e non mitizzate o prese semplicisticamente a modello. Peraltro, gli stessi tratti fondamentali umani che si possono trovare in esse, funzionano anche nella nostra società attuale, ma coperti da una serie di sovrastrutture culturali, spesso atte a negarli, che ne rendono un po' difficile il riconoscimento e la consapevolezza.

Ora è chiaro che, volendo basarsi su 'criteri di massima', 'linee guida' di ciò che è naturale per noi prima e al di là della cultura ci si scontra con una apparente contraddizione.
Se ci guardiamo intorno vediamo chiaramente che molte delle situazioni e dei comportamenti a tutti i livelli che effettivamente hanno luogo sono ben diversi e spesso in contraddizione con qualsiasi modello “naturale” ispirato a 'tratti fondamentali' e mondi tradizionali volessimo immaginare: semplicemente, la realtà di oggi non è così.
Anzi, è talmente lontano dall'esserlo, che sembra sconfessare del tutto una simile ipotesi.
O almeno così appare.
Perché, se fosse davvero così, la mia posizione risulterebbe più simile a quella dei fondamentalismi dottrinari di cui sopra, come loro facendo discendere la realtà da principi teorici e portandosi quindi nella prospettiva del “come dovrebbe essere” ovvero sostanzialmente su un piano moralistico.
Ma io non guardo a come le cose “dovrebbero essere”.
Io dico che le cose sono così. Ovvero che al di là e al di sotto di ciò che appare o della immagine che correntemente ce se ne facciamo, ciò che avviene in realtà, spesso inconsciamente, funziona in un determinato modo che è il modo naturale di funzionare.
Se non ce ne accorgiamo è perché siamo distaccati dalla Realtà/Natura, perché viviamo nelle nostre illusioni personali, rafforzate da quelle collettive (cultura).

L'avere come principale riferimento una cosiddetta 'realtà culturale' che sarebbe per gli umani ancor più vera di quella naturale è il coronamento di questa allucinazione.
Ma se ciò avviene si pone la questione di come succeda che ciò che è non corrisponda a ciò che apparentemente avviene, ovvero, qual è lo stacco tra ciò che è e ciò che si manifesta nei fatti? E veramente esiste uno stacco? Cos'è l' 'essere' di 'ciò che è'? Cos'è il suo manifestarsi/avvenire?

La questione è che ciò che avviene/si manifesta (la realtà in questo senso/aspetto più corrente) noi lo possiamo vedere/capire a più livelli. In realtà, dentro ciò che vediamo in un dato momento sta già avvenendo la conseguenza (o il seguito) di ciò che vediamo. Un contenuto più profondo, in ciò contenuto, sta dispiegando la sua manifestazione. Ma spesso non lo vediamo e questo processo del dispiegamento della progressiva manifestazione di più livelli di contenuto/realtà di una cosa è continuo ed infinito in tutte le cose. Ciò che lo muove è il realizzarsi della vera natura di ogni 'cosa' nella sua forma naturale ovvero nella sua versione sana, quella che le è propria.
Questa 'vera natura', però, esiste solo nel suo processo di realizzazione, non è un modello dato che sta in un qualche luogo o dimensione superiore o ideale o quant'altro. E non è mai realizzata definitivamente: non smette mai di inverare e manifestare sé stessa, in quanto la Realtà è una cosa viva, in continuo incessante mutamento.
Di fatto, ciò che effettivamente vediamo è in qualche modo sempre un istante dopo ciò che avviene: è ciò che si manifesta nel momento che è manifestato, quindi, seppure di un istante, è già passato (così come vediamo la luce di una stella partita dallo spazio in un momento precedente). Noi vediamo, nel comportamento di una persona il movimento della sua mente, la sua intenzione, la sua inclinazione, nel momento che si compie in azione e si esprime manifestandosi, ma il movimento della mente della persona non lo vediamo. Il vivere interno della vita negli esseri viventi non può essere visto dall'esterno: è solo nella contemplazione interna della meditazione, nell'autoosservazione imparziale che possiamo 'vederlo'. Ma cosa ne potremmo dire?

Quindi 'ciò che è' al di là di ciò che appare è sempre ciò che è: è ciò che sta avvenendo in principio ora e che si manifesterà in seguito, ma già ora si muove alla base anche di ciò che accade in modo tale da apparire.
Nondimeno, questo continuo 'movimento' non è 'qualsiasi', al contrario, vive nelle forme che prende, che non sono casuali, ma manifestano sé stesse. Manifestano cioè il loro modo di essere come elementi viventi del Tutto che cercano di esprimere la vita in modo il più pieno possibile all'interno del movimento continuo della rete immensa delle varie e molteplici forme di esistenza. Ciò significa che ciò che si muove dentro di esse (ovvero ciò che esse sono, al cuore del loro vivere) cerca di esprimere la Vita (perché la vita non ha altro scopo che quello di vivere in realtà), ma nel preciso modo che gli permette di esprimerla secondo la forma che l'immensa rete di interazioni gli ha dato nel corso del tempo - che è quella che possiamo chiamare la 'natura' di quella forma.
Infatti, non è 'qualsiasi' il modo di manifestarsi anche in quanto, se un essere è in una condizione sana o non sana, è una cosa (almeno oltre un limite minimo) evidente a tutti e a sé stesso per primo.
Sia a livello individuale che generale infatti ci sono modalità funzionali così ricorrenti che possiamo dire che sono le forme naturali, proprie di quel particolare tipo di essere.
Capire e realizzare questa forma/manifestazione/realizzazione propria di una certa cosa, di un certo essere, di una certa situazione, come anche di un rapporto fra due esseri, non è qualcosa che si possa fare solo attraverso delle idee, valori, morali di qualsiasi tipo, né solo attraverso la percezione soggettiva di ciò che ci piace o meno.
Così come la realizzazione e, in definitiva, la vita di un essere avviene nel suo vivere la propria condizione - standoci e rimanendoci dentro con tutte le sue facoltà nelle varie situazioni mutevoli che si creano - così la comprensione di come funziona la vera realtà - quella che è l'autentico movimento delle cose che vanno manifestando sé stesse progressivamente nella forma che gli è propria - è possibile solo attraverso una lunga, lenta, silenziosa e continua osservazione e sperimentazione diretta di ciò che è, in primo luogo dentro noi stessi, ma non solo, attenti a ciò che veramente vediamo accadere senza alcun intento di migliorare, giudicare, filtrare o correggere le cose. Prendendo e accettando le cose così come sono, partendo da ciò e non da idee e valutazioni su come esse dovrebbero essere o su come sarebbe giusto che fossero.
Solo così, lentamente, a mano a mano, e con l'aiuto, a partire da questa pura osservazione, di un lavoro anche intellettuale di elaborazione delle proprie e altrui esperienze, il quadro reale delle cose si manifesta da sé.
Credo che quando questo quadro rivela elementi o modalità funzionali fondamentali e ricorrenti e comprensibili in una visione olisticamente coerente, questi ci diano delle 'linee guida' di come è la realtà ovvero la Natura e che queste vadano rispettate come qualcosa di sostanzialmente sacro perché sono le caratteristiche di ciò di cui siamo parte e di ciò che è.

E' allo stesso tempo vero che la Realtà è sempre viva, sempre in movimento e che quindi il nostro osservare e prender atto non è mai concluso in una forma o definizione conclusiva. Per cui, con le situazioni vissute che di volta in volta incontriamo nella nostra vita, dobbiamo, all'atto pratico, sempre essere aperti alla comprensione e all'interazione - che può essere dialogo/accettazione e può essere pure conflitto/separazione/presa di distanza/non-collaborazione, ma mai ignoranza/negazione di esistenza.
Di base però, pur mantenendo viva la nostra disposizione a ciò che si presenta, credo sia importante ed opportuno muoversi sulla base di queste 'linee guida' della Natura/Realtà che riconosciamo come fondamentali.
Infatti, sebbene in linea di principio anche queste esistano all'interno di una realtà che è per natura (in) movimento, di fatto questo movimento ha preso questa forma e si muove così, in queste caratteristiche fondamentali da un tempo immemorabile che va inconcepibilmente al di là di noi, per cui facciamo bene a capire che ciò non è avvenuto a caso(2), a cercar di capire di che si tratta, a rispettarlo, a farne la nostra base adeguandoci ad essa, trovandovi fondamento, in quanto è buona sia per noi che per le altre esistenze.
Lavorare sul capire questo, molto più e prima di vedere come potremmo andare al di là di quelli che , senza capirli (e senza capire noi stessi), potremmo considerare come dei limiti, questo è veramente il punto!

Perciò il fatto che, sulla scala temporale del tempo reale e sul piano pratico del riscontrabile come dato di fatto, i comportamenti possibili siano moltissimi e praticati anche tra quelli che non rientrano nei limiti, pur ampi, di ciò che possiamo dire “la nostra natura” o “ciò che è secondo Natura” non dimostra affatto che tali limiti non esistano.
La dimostrazione che vivere contro natura non è in realtà (non solo giusto e sano, ma proprio, in ultima analisi) possibile si muove sui tempi della Natura, che sono lenti, essendo anche molto profondi, ma che già da subito si muovono - anche se noi non ce ne accorgiamo - dentro ai fatti che dall'esterno possiamo osservare e che possono sembrarci andare in un'altra direzione.
Il punto è semplicemente che il “tempo reale” e l'osservazione solo esterna della realtà (la mèra rilevazione statistica dell'esistente) non sono i criteri appropriati per capire ciò che è e distinguerlo da ciò che appare o che momentaneamente avviene.
E poi, che davvero non ce ne accorgiamo neanche si può dire. Perfino sul piano semplicemente esterno: le conseguenze di comportamenti contrari alla natura sono sempre più evidenti sia sul piano ambientale che sociale, della sicurezza ecc… ecc….. Ma ancor di più, a sostegno del discorso fatto finora, c'è ciò che si apre ai nostri occhi se rivolgiamo lo sguardo all'interno.
Se guardiamo dentro noi stessi - sia nella meditazione che in qualsiasi altro modo lo vogliamo fare, ma onestamente, impietosamente, riconoscendo ciò che è così com'è - vediamo quello che veramente è la natura nel suo vivere all'interno di ciò che poi si manifesta. Ed anche se il suo movimento ci può apparire abbastanza caotico e non tale da poterne trarre un ordine ed una regola definiti, al tempo stesso, con un'osservazione onesta, regolare e prolungata, alcuni segnali e criteri di discernimento che manifestano chiaramente come stanno le cose appaiono inequivocabilmente.
Come si diceva prima, se un essere è in una condizione sana o non sana è una cosa evidente a tutti e a sé stesso per primo.
Prima di arrivare alla vera e propria malattia, il nostro livello più iniziale di essere o non essere 'sani' lo percepiamo come sensazione di fondo di benessere, di sostanziale (pur sempre relativo naturalmente) appagamento di noi stessi e della nostra vita in relazione al mondo, o, viceversa, di continua sotterranea insoddisfazione, frustrazione, ricerca di compensazione, di gratificazione continua e a buon mercato, tensione, rabbia, insincerità e separazione con noi stessi.
Queste cose dipendono anche da categorie di giudizio morali e culturali, ma non solo: se ci osserviamo imparzialmente - non con il pensiero/ragionamento/giudizio, ma osservando e basta, percependoci nel corpo e nei movimenti della mente (e questa è sostanzialmente la meditazione) - vediamo che hanno anche, e soprattutto, una realtà fisica-energetica…… Che non mente, quanto a ciò che è, alla qualità di ciò che veramente, profondamente sta avvenendo - e che a suo tempo si manifesterà, rivelandosi per ciò che già ora è.

Tutt'altra cosa poi è capire cosa fare, quali sono le interconnessioni e le corrispondenze tra ciò che sentiamo dentro di noi e l'altra faccia di questa stessa realtà, che sono tutti gli aspetti esterni, pratici, concreti e relazionali della nostra vita. E' chiaro che per ricomporre il quadro completo ed immaginare una strada per ritrovarvi un ordine ed un'armonia complessivi ed integrali, occorre anche il pensiero, il ragionamento e un tipo di osservazione che se ne serva anche, come strumenti.
E che li affianchi all'autopercezione interna per riconoscere quelle 'linee guida' della Natura (la nostra e quella cosmica) che sono comunque la strada da seguire, quella che comunque seguiamo e seguiremo - che lo riconosciamo o no.
Anche se, quanto alla destinazione sul nostro piano individuale (di comunità e di specie), siamo noi a crearla con le nostre azioni ed il nostro livello di consapevolezza.



NOTE:
(1) in realtà anche qui ci vorrebbero le virgolette, ma per un altro motivo: nel primo “buone”, quello dei fondamentalismi dottrinari, le virgolette significano che la bontà è presunta ovvero tutta interna ad un sistema culturale di valori ed opposta a disvalori “cattivi”; nel caso dell'Ecofondamentalismo non è che le cose siano buone perché 'anticattive'. In realtà non si può neanche dire che siano buone: sono così come sono, così come devono essere, sono la Realtà, e questo è ben oltre l'essere “buone”.
(2) Molta attenzione: che non sia avvenuto a caso non vuole affatto dire che ci sia dietro una sorta di “disegno intelligente” da parte di un “Qualcuno”. Vuol dire, al contrario, che, seppure tutti gli incalcolabili avvenimenti che hanno dato luogo all'evoluzione di determinate 'leggi' e a determinate forme e 'nature proprie' corrispondenti, fossero avvenuti del tutto a caso, ciò che vediamo oggi come caratteristico e ricorrente nella Natura è ciò che si è selezionato attraverso una quantità e varietà tale di 'esperienze' ed 'esperimenti' di tutta la vita sulla Terra, che può a ragione essere considerato come fondato sulle ragioni più solide che si possano immaginare. Si tratta probabilmente ( ma non vedo chi e come potrebbe avere argomenti sufficientemente sostanziosi per contestarlo) del modo migliore possibile di vita su questo pianeta (nelle sue caratteristiche/'leggi' funzionali di fondo). Si tratta invero di una sterminata Conoscenza impersonale in atto, e, dunque, certamente di qualcosa che non può essere considerato solo uno dei possibili modi in cui le cose possano andare in questo mondo. Anche se, per una breve durata (una sbandata di un istante, su scala cosmica) e come deviazione patologica, possano darsi in pratica anche altri modi.
In altre parole, l'Intelligenza non deve essere immaginata solo come propria di un essere (Dio) esterno e 'a monte' della realtà: è, al contrario, una caratteristica intrinseca della Realtà, che dai fatti e nei fatti prende forma. Ma non è un'intelligenza in forma umana/personale/soggettiva: è, al contrario, quella umana che è una delle forme possibili di questa Intelligenza impersonale ed intrinseca alla materia/energia che è la Realtà.
D'altra parte l'intelligenza nella sua forma umana, basandosi sulla visione strumentale soggetto-oggetto che permette la capacità di astrazione, e si unisce all'emotività, all'attaccamento all'Io, alla paura ecc… , ha anche la facoltà di crearsi delle illusioni, sia profonde che superficiali. Per questo motivo, quanto appena detto per cui questo va considerato il miglior mondo possibile su questo pianeta, va inteso a proposito del mondo e le leggi funzionali della Natura (all'interno delle quali si muove anche la nostra vita con la nostra peculiare dimensione umana), non rispetto alla condizione nella quale si trovano oggi le nostre società e quanto dell'ecosistema è stato da queste manipolato direttamente o indirettamente. Il mondo che l'essere umano crea per sé subisce le conseguenze di questa 'capacità' di illusione che va insieme con il nostro tipo di intelligenza e prende forma in modo corrispondente. Questa capacità di illusione non è una contraddizione dentro l'Intelligenza intrinseca della Natura/Realtà non più di quanto le bolle di sapone lo siano rispetto all'acqua, l'aria e il sapone: sono dei fenomeni che l'incontro di questi tre componenti può produrre, fra gli altri. Un fenomeno anche curioso o interessante e per qualcosa magari anche utile, ma comunque destinato a dissolversi, rivelando la propria inconsistenza. Il che non è un problema, se lo guardiamo come osservatori esterni - o anche dal punto di vista dei tre componenti che le hanno prodotte e che tornano solo alla loro condizione consueta - ma che è tragico e catastrofico se ci identifichiamo completamente con la bolla ed alla sua condizione leghiamo il nostro destino.


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