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SUI RAPPORTI DI COPPIA

In sintesi…
La visione romantica ed abbastanza cinematografica dell'amore crea aspettative nei rapporti che portano regolarmente a frustrazioni, ma sono una forma di “intrattenimento” a cui, in questo tipo di cultura, è difficile rinunciare. Vorremmo che il rapporto fosse un'isola “altra” da tutto il resto dove possiamo trovare quel tipo di soddisfazione che la vita non ci può dare. Ma i rapporti non sono “altro” dalla vita e, come tutto nella vita, bisogna prenderli e capirli per quel che sono, sinceramente.
Infatti, a ben vedere, con questa passione per il romanticismo si accompagna spesso una certa propensione a considerare accettabile una misura di non-verità/non-chiarezza all'interno di una coppia, nel timore di rovinare le cose. Come che sia il rapporto, invece, dal matrimonio ed il progetto di una vita insieme alla semplice partnership sessuale, è importante saperlo vedere per come effettivamente funziona.
In primo luogo, prima di star con quella persona perché è lei, abbiamo bisogno di sesso e di comunicazione affettiva con qualcuno. C'è dunque alla base una necessità naturale, prima che una scelta: è una delle cose della vita.
Il sesso è il motore vitale del rapporto e ci permette di liberare la base energetica delle tensioni, base rispetto alla quale, posto che tutto avvenga tra persone libere e consenzienti, non ci sono limiti di bene e di male - e pertanto la pratica di superarli è salutare.
Riguardo poi ad un rapporto inteso per durare, qui davvero l'idealizzazione romantica è un demone maligno: faremmo meglio a interrogarci su quella parte del mondo che arriva al matrimonio per tutt'altre vie e che di solito non prosegue col divorzio. Saranno solo costretti da una cultura arretrata? O sanno anche qualcosa più di noi? Qualcosa che sapevamo anche noi prima di innamorarci del romanticismo?

(versione PDF)

I rapporti di coppia non funzionano (anche) perché da essi, dall'amore, ci si aspetta ciò che non può dare: un senso di felicità, di appagamento e di completezza permanenti.
L'amore non può dare questo come non lo può dare, in sé, nessuna altra cosa, ma si crede che l'amore costituisca una categoria a parte, dalla quale invece ci si possa aspettare questo.
Con la moderna libertà nei rapporti sessuo-affettivi la gioia ed il piacere dell'amore sono diventati qualcosa che è possibile ricercare ed ottenere con relativa facilità, in molti modi e persone diverse. Questo ha fatto sì che sempre di più fosse messo in primo piano l'aspetto “caldo”, sentimentale del rapporto di coppia, proprio di un punto di vista più femminile, a scapito di quello strutturale/funzionale nella vita di una persona e della società, proprio del un punto di vista più maschile che era dominante in epoca premoderna: un uomo ed una donna si univano perché avevano bisogno l'uno/a dell'altra/o sotto molteplici aspetti, materiali e immateriali, dando così luogo ad un sistema strutturato da ruoli reciproci definiti.
Secondo quest'ottica (tradizionale e maschile) si mette in primo piano una base, su cui costruire, entro dei limiti; secondo quella attuale (moderna e femminile) in primo piano sta invece un obiettivo, l'illimitata felicità nell'amore, per cui ricercare, senza fine.
In realtà ci si scontra con le differenze fondamentali ed irriducibili fra uomini e donne in quanto maschi e femmine, ed anche in quanto individui. Si vorrebbe un completamento ed una soddisfazione completi con l'altro, ma questo non arriva mai, se non per fugaci momenti, e se ne dà la colpa a quel particolare rapporto o persona.
Ma al di là di tutte le varie casistiche di situazioni concrete particolari, l'errore di fondo, fonte di ogni frustrazione sta nel ricercare una pienezza di soddisfazione là dove non può essere trovata. E si è insoddisfatti dell'altro perché non è come noi.
In realtà sono le sue differenze e fondamentalmente quella sessuale che ci hanno attratto ed è la tensione verso questa diversità che continua a tenere vivo il rapporto. Certo, anche insieme ad alcuni piani di sintonia, ma se ci fosse davvero un completo e totale appagamento, il rapporto sarebbe poi anche morto lì.
In realtà potremmo anche considerare come un dato di fatto apprezzabile il fatto che nella coppia siamo reciprocamente, oltre certi limiti, irraggiungibili ed irrecuperabilmente diversi: potremmo accettare, quando l'altro si manifesta appunto come davvero altro ed in-comprensibile rispetto a noi stessi, che lì non ci arriviamo e che oltre quel punto il nostro rapporto non è altro che un riconoscimento di alterità, ovvero trova il suo limite.
Ma anziché prendere questo quale motivo di frustrazione potremmo considerare questa fondamentale ed insanabile imperfezione ed insoddisfacenza del nostro rapporto, ciò che permette al nostro viaggio verso l'altro di non avere fine. E' il tentativo di rendere possibile e realizzata una cosa impossibile : l'unione di un uomo e di una donna; ma questa impossibilità e questa incompletezza di una tale realizzazione sono ciò che rende il viaggio infinito (“finché morte non ci separi” al limite) e vitale.
Fermarsi di volta in volta, consapevolmente, sarebbe ciò che permette, nel complesso, di non fermarsi mai, nell'incompletezza però, e nell'irraggiungibilità di una completa soddisfazione.

Ma noi non ragioniamo così e non vediamo così le cose. Questo sarebbe troppo poco, perché noi vogliamo l''Amore', quello “vero”, che ci faccia felici, e non smetta di farlo. Vogliamo la felicità dell'amore che una volta raggiunta non se ne vada, non ci tradisca. Ma in realtà dietro a questo amore c'è l'aspettativa del nostro ego un po' infantile, che, pur avendo capito che nella vita questa felicità permanente non può darcela alcuna cosa, crede ancora che il rapporto con una certa altra 'speciale' persona invece sì, quello ce la debba poter dare. Quindi puntiamo tutto su di lei e dell'essere capaci di venir contraccambiati nell'amore che gli rivolgiamo ne va la nostra stessa considerazione di noi stessi, per questo non possiamo accettare di non essere riconfermati dall'altra persona.
Ma tutto ciò è dovuto al fatto che stiamo tentando l'illusoria scorciatoia di cercare una base, una dimora, una realizzazione di completezza e di pace permanenti là dove non ci sono, in una persona, in un rapporto ovvero in uno speciale, particolare, angolo della vita. Ma in questo modo la frustrazione è inevitabile perché non c'è angolo della vita che si sottragga alla realtà dell'impermanenza, dell'insostanzialità, della capacità di provare dolore (anicca, anatta, dukkha nel Buddhismo ).
Quindi il punto è che l'amore, il rapporto, vanno messi nella giusta prospettiva che è la prospettiva in cui si riconosce l'unica possibilità di pace ed appagamento fondamentali nell'Illuminazione (cosidetta), nella realizzazione, che non sono un elemento particolare della vita, ma la Vita stessa.
Così non è che ci sia nella vita qualcosa da qualche parte che è l' “Illuminazione”, né che le cose della vita debbano essere vissute in funzione di essa, è invece che bisogna mettere la “Illuminazione” al centro della propria vita e vedere tutte le cose alla luce di questa che non esiste come una cosa in sé, ma che solo in esse vive.
Per cui si tratta di vivere il proprio rapporto non in funzione della Illuminazione, ma alla luce di essa: vederlo così com'è, vederne i limiti, vederne le forme, vederci la Vita che in esso si muove, come in ogni altra cosa.
E non cercare di afferrarla.


A partire da questa ottica/consapevolezza il punto non è il tipo di rapporto che è più giusto o sano avere: questo può differire a seconda del tipo di persone che si incontrano o dalle diverse fasi della nostra vita; molte forme e livelli di profondità di rapporto possono essere autentiche e fonte di crescita e luogo dove vi scorre la Vita dentro. Ma ciò che fa la differenza è quanto noi nel viverle manteniamo la nostra consapevolezza di fronte alla realtà di ciò che viviamo/facciamo e cioè che manteniamo al centro dell'attenzione il rapporto non in quanto bene da salvare a tutti costi per ciò che ne possiamo trarre (anche solo dal più nobile dei punti di vista) ma come passaggio e forma che ora prende il percorso della nostra (di entrambi i partner) vita, il quale solo resta in realtà l'elemento importante - ed infatti tale resterà quando la relazione dovesse concludersi.
Per questo motivo credo sia relativo al singolo rapporto ciò che è 'lecito' o meno fare all'interno di esso, quanto al cosa, che dipende dalle scelte e gli accordi delle singole coppie, mentre credo sia tassativo e necessario un principio di sincerità e chiarezza sempre e comunque quanto alle proprie azioni ed ai propri intenti. Ad esempio, non potrei dire che la fedeltà (o, in questo senso, meglio la esclusività) sessuale sia imprescindibile perché un rapporto sia degno di esser vissuto: credo ciò dipenda dagli accordi tra i partner, ma il tradimento nel senso della finzione e della menzogna, del fare negando di fare e nascondendo di fare, dell'illudere sapendo di illudere ecc… è criminale e non è segno di indipendenza e scioltezza, ma di vigliaccheria, mentre al contrario se uno è pronto a prendersi la responsabilità delle proprie azioni e dei propri autentici sentimenti, ed è chiaro quanto a questo, nessuno ha il diritto di fargli una colpa di ciò che fa e che sente: sta al partner in questo caso prendersi la responsabilità di trarne le conseguenze. Perché nessuno ha il dovere di essere “buono” e “bravo” , ma di essere chiaro e corretto sì , perché bisogna mettere gli altri nella condizione di sapere ciò che davvero si sta vivendo, per doloroso che sia, e poter scegliere cosa fare di conseguenza. Altrimenti si tratta né più né meno che di rapinare gli altri della loro vita.

Questo vuol dire che dobbiamo mantenere al centro un principio di realtà: ciò che è, non ciò che “dovrebbe essere” o che vorremmo che fosse. Il trovarci in un rapporto d'amore non ci manda in vacanza dal vivere la vita come un'esperienza reale, con tutta la sua complessità, con tutte le sue possibilità, come anche con tutta la sua estraneità alla dimensione del “sogno”. Infatti, in ultima analisi, il principio di sincerità noi dobbiamo rispettarlo davanti alla vita ovvero a noi stessi nel rispettarlo davanti all'altra persona. Rimaniamo del tutto padroni della nostra vita e possiamo e dobbiamo agire secondo ciò che sentiamo davvero, ma dobbiamo essere pronti a renderne conto finché siamo nel rapporto altrimenti il tradimento è contro noi stessi, nella confusione che cerca la scappatoia comoda e nella doppiezza vile del nostro agire, prima ancora che verso l'altra persona.

L'ottica per la quale bisogna mantenersi su un piano di realtà (al di qua, ma in realtà al di là dell'illusione del romanticismo) fa sì che nel nostro rapportarci mentalmente alle nostre relazioni guardiamo a ciò che ne sta alla base e che le sostanzia, per capire - quantomeno fase per fase, dato che poi le cose cambiano e si evolvono, o viceversa decadono - di cosa si tratta.
E direi che, sebbene ogni rapporto è diverso, le relazioni sessuo-amorose che trovo accettabili oscillano fondamentalmente tra due modalità per molti versi divergenti, ma entrambe significative, vitali e dignitose, se vissute con la chiarezza, sincerità e consapevolezza di cui appena sopra.
Si tratta fondamentalmente della modalità matrimoniale in cui si condivide e si costruisce la vita insieme, il vero stare insieme, e quella dell'amicizia sessuale, dei 'compagni di sesso', più limitata come esperienza probabilmente, ma certo più adatta e praticabile nell'epoca attuale in questa forma di società.
La prima delle due è oggi avversata da tutti i lati, sia pratici/economici/lavorativi in un sistema strutturato sempre più a misura di single, sia psicologico-culturali per la propensione alla libertà e realizzazione individuale oggi preponderante, per il semi-ribaltamento dei ruoli di genere e per la mancanza di riferimenti chiari e condivisi in base ai quali educare i figli.
A me pare onestamente che nel sistema odierno la coppia sposata che porta avanti una famiglia (lo dico puramente come un dato di fatto) sia sempre più una tendenza residuale che resiste perché a questo modello siamo abituati, mentre in realtà viviamo in un sistema fatto per i single da tutti i punti di vista, includendo in questa condizione l'avere delle relazioni temporanee che possono anche far nascere dei figli, ma quasi come un fenomeno collaterale.
Se così non è - e contro tutte le tendenze e i dati di fatto - vuol forse dire che c'è qualcosa di connaturato che ci porta a cercare questa forma di relazione di coppia, ma credo che a ben vedere allora dobbiamo mettere in questione tutto l'apparato strutturale che regge la società attuale ed anche la sua cultura e i suoi valori, compresa la visione romantica dell'amore.
Provocatoriamente - ma non del tutto - vorrei dire che non è sull'amore, inteso in senso romantico, che può davvero fondarsi un matrimonio: abbiamo visto troppi film!
Il problema è ciò che, a partire dal sentimento, si costruisce di solito quanto all'idea di sé, al modo di sentire sé stessi e l'altro/a come una coppia e con questo entrare in una illusione di qualcosa di stabile (lo stare insieme) e di esterno (l'altra persona) a cui attaccarsi. Qualcosa che tendiamo a coprire di ogni significato possibile e da cui poi ci aspettiamo che riempia di senso e di stabilità ogni aspetto della nostra vita. Ciò che trovo negativo ed illusorio è la tendenza a fare di un incontro, scambio, attrazione reciproci (cose che sono per loro natura fluide ed instabili proprio perché vive e forti ed ancor più perché sostanziate di sensazioni e sentimenti) qualcosa di oggettivo, tangibile, solido e con ciò stabile, tanto da poterci costruire sopra qualcosa: addirittura una vita insieme con tutti i suoi vari aspetti.
Mi dispiace, ma non è così: il matrimonio, metter su famiglia, sono cose certo possibili se è ciò che uno vuol fare, ma è illusorio che possano fondarsi centralmente sull'amore cioè sul fatto che un uomo e una donna si innamorano e si mettono insieme. Questo alla lunga non regge, se una unione regge è perché si fonda sul fatto che entrambi (due persone ovviamente che si amano, si piacciono, si intendono, si trovano sessualmente e che sono caratterialmente compatibili) vogliono nelle loro vite costruire una famiglia o una coppia e che sono in sintonia sulla forma da dare a questa cosa ed i valori, le scelte di senso in base alle quali ispirarla. Poi, le cose concrete costruite insieme, quelle materiali, oggettive, i figli, la casa, i beni, e quelle immateriali, soggettive, tutto il bagaglio di esperienze condivise insieme negli anni, aiuteranno a mantenere l'amore e rinnovare, fra le varie opzioni possibili, la scelta di rimanere insieme e non lasciar sciogliere questa entità-coppia.
Queste sono le cose concrete, solide che la tengono insieme e dentro, in mezzo a queste scorrono sì i sentimenti, gli stati d'animo che però, di per sé non basterebbero alla lunga a tenere insieme un uomo e una donna. Non sto dicendo che le coppie non si mettano insieme e si sposino perché sono innamorate: dico che di fatto e alla lunga non basta questo 'amore' a tenerle insieme, non è centralmente su di esso che la tenuta della coppia regge.
Wittgenstein diceva che di ciò di cui non si può dire conviene tacere: in questo senso dico che non è sull'amore che si deve basare il matrimonio. L'amore è la cosa più bella della vita, di un'enorme potenza per noi esseri umani, ma altrettanto una cosa fluida, insostanziale, instabile e condizionata; è la fiamma che scalda e illumina un rapporto ed un matrimonio(1). Ma non è una cosa sulla quale si possa edificare nulla: è un terreno mobile e tale bisogna lasciarlo, proteggendolo e rispettandolo nella sua natura viva, pulsante e discontinua (l'amore è femmina).
Voglio dire che nella nostra mente, nel nostro considerare le cose, l'amore lo dobbiamo sentire - se in un modo o nell'altro c'è ancora e se lo vogliamo proteggere - ma non lo dobbiamo pensare, non lo dobbiamo interrogare o definire o distinguere, così come non dobbiamo fare questo nelle nostre discussioni col partner: se cominciamo a discutere se c'è 'vero' amore oppure no e cosa questo sia o meno ecc… comincia la vivisezione e siamo messi male. E' chiaro che l'amore ci deve essere, ma è bene che rimanga nel non detto o solo nelle espressioni manifestamente sentimentali alle quali non va dato un peso che non sia momentaneo.
Se vogliamo capire se c'è o non c'è limitiamoci a sentire dentro di noi, ad osservare l'altra persona, e riconosciamo la realtà che si presenta per come è: non andiamo a cercare di acchiapparla con le parole perché non è delle parole l'amore, è di ciò che “conviene tacere”.

Alla base di una unione stabile c'è invece la volontà, la scelta consapevole, di vivere nella dimensione della coppia/famiglia, prima ancora di con chi - o così credo dovrebbe essere, quanto all'aspetto di consapevolezza di questa scelta, intendo.
E allora, fatti i dovuti conti e senza mitizzare nulla, potrà apparirci non così priva di senso perfino l'usanza ancora molto praticata presso altri popoli, come in India (come pure da noi fino ad un passato non così lontano) dei matrimoni combinati nei quali era la costruzione dell'unità economica-sociale della famiglia che creava lo spazio all'interno del quale la condivisione duratura di gioie e dolori ordinata dai rispettivi ruoli reciproci faceva nascere la mutua appartenenza ed il sentimento. Questo, chiaramente, almeno nei casi in cui i due individui coinvolti sapevano corrispondere all'ottica tradizionale secondo cui questo tipo di unione era istituita nel suo senso più alto (perché ovviamente non voglio ignorare che spesso ce ne siano anche di più bassi come gli interessi relativi al mantenimento della proprietà familiare, le scalate sociali, l'acquisizione di giovani mogli per vedovi anziani e quant'altro …).
Al di là del fatto che oggi anche i giovani di questi altri paesi comprensibilmente preferiscano sempre più poter scegliere la persona con cui condividere la vita e che ovviamente qui da noi una tale pratica non sia ormai neppure immaginabile, credo che, alla lunga, ciò che avviene in un matrimonio d'amore e che lo tiene in piedi è poi di fatto un passaggio non troppo distante da quanto avviene in quello combinato. Svaniti o trasformati la passione e l'innamoramento, tramontata l'immagine proiettata sull'altro, smaltita la delusione per ciò che di lui/lei non si era notato prima, metabolizzato il passaggio alla consuetudine, superate le difficoltà e gli scontri, credo sia soprattutto il peculiare irripetibile passato in comune ed il senso di appartenenza che ne deriva che fa da collante alla coppia e che si incarna in primo luogo nella casa e nei figli (se ci sono) ed in una lunga serie di ricordi.
Tutta la serie di cose pratiche e di progetto, di indirizzo, di responsabilità della vita insieme sono forse solo la struttura, la cornice, dentro la quale scorre la vita del rapporto. Ma, se in realtà non bisogna mai dimenticare che è quest'ultimo che fa o meno il nostro benessere, è delle altre che dobbiamo fare la nostra materia comune di lavoro, di intervento diretto, e lasciare che il cuore intimo della relazione ne sia nutrito indirettamente dalle esperienze nella condivisione delle cose pratiche. Ma noi questo cuore mobile, instabile, dobbiamo lasciarlo - osservandolo - andare e venire dai momenti di unione a quelli di conflitto, liberamente, senza composizione, senza mèta, senza approdo, com'è nella sua natura…. quasi facendo finta che non ci sia. Senza provare a metterci in nessun modo le mani sopra, neppure per accertarci che ancora sia lì: se davvero l'amore si è estinto non lo vedremo più comparire, ma altrimenti, passate le ultime ondate di una tempesta, tornerà a galla. Ma se pretendiamo di poterlo trovare come cosa in sé e poter dire “eccolo, c'è ed è questo!” rischiamo seriamente di accorciare di molto la sua vita e la nostra possibilità di poterne godere.
Credo che in realtà, una volta che si è presa la decisione di vivere un rapporto duraturo e stabile e progettuale con una persona che amiamo (e che speriamo di aver scelto bene), la cosa più saggia e quella che funziona meglio sia “entrare nella stanza e gettar via la chiave” ovvero rimanere nel rapporto, fare come se ci si dovesse rimanere comunque, come se davvero (niente paura, alle brutte alle brutte, ma davvero alle brutte, in realtà non è così) fossimo in un matrimonio combinato, senza possibilità di separazione. E così potersi rilassare: non dover sempre misurare se stiamo facendo proprio la cosa giusta a rimanerci dentro, a tollerare questa o quella cosa, ad aspettare il momento giusto di affrontare direttamente questo o quel problema ecc… Soprattutto darci la possibilità di lasciar passare i litigi, i contrasti e gli stati d'animo rancorosi e negativi non sempre dovendogli trovare una soluzione esplicita e concordata (il che è spesso molto difficile e precario), ma semplicemente lasciandoli svanire, lasciando venir meno la loro carica emotiva. Invece che aver paura di perdere la nostra vita che scorre via mentre restiamo in quel rapporto, riconoscere questo come una cosa viva vedendone scorrere i vari e diversi momenti che perciò stesso non potranno essere sempre come li vorremmo, né mai troveranno una composizione ed un punto di approdo definitivo.
Se veramente non ci fosse possibilità di divorziare quali che fossero le condizioni, certo non sarebbe una bella situazione in cui condurre la propria vita, però mi sembra che qui, come in molti altri campi, con i mutamenti, e gli innegabili vantaggi della modernità, abbiamo gettato il classico “bambino con l'acqua sporca”. L'irreversibilità dell'unione tra un uomo e una donna - ammessa la 'buona volontà' di entrambi - non era priva di molti vantaggi. Senza per fortuna esserne più condannati in ogni caso ad esserne prigionieri, anche oggi possiamo recuperare ciò che di buono c'era in quella condizione se volontariamente ci mettiamo nell'ottica giusta e questo significa uscire dalla visione 'hollywoodiana' dell'amore romantico.
Mettersi in un rapporto d'amore che voglia durare è gettarsi nel fuoco: bisogna sapere che si passa per ogni sorta di cose, spesso anche non piacevoli, non è qualcosa che ci semplifica la vita, ma che ce la complica. Questo bisogna saperlo prima e sceglierlo consapevolmente. Ma poi bisogna finirla di proteggersi o starci a metà.
La scelta ripetuta e mantenuta di stare insieme è come la posizione di zazen (di meditazione). Durante la meditazione nel nostro animo e nella nostra mente soffia ogni tipo di vento, dolce, impetuoso, carezzevole, gelido e tanti altri ancora che non sempre capiamo da quale parte spirino. Va tutto bene: è così che funziona la mente, il nostro spirito, che sono vivi. Ma noi possiamo vedere tutto ciò come qualcosa che non fa che esprimere la propria natura e vedere che in fondo va tutto bene e trovarci al nostro posto dentro tutto ciò proprio perché non abbandoniamo la postura. Allora tutto passa, tutto scorre e, infine, di tutto possiamo sorridere, amorevolmente, senza rancore. Ma ciò è perché stiamo lì stabili nella postura e vediamo ciò che è così com'è e lo riconosciamo (e ci facciamo riconoscere da ciò che è così come siamo).
Così possiamo amare, ancor prima della persona che sta con noi, il rapporto che condividiamo con lei, ovvero la nostra vita come ci troviamo a viverla all'interno di esso, accettando ed amando ciò che abbiamo così com'è - che poi… com'è? Se lo lasciamo scorrere ed esser vivo, non è tanto facilmente definibile.
Se , al contrario, secondo una visione romantica dell' “amore” (ma cosa sarà poi questa cosa?) siamo attaccati alla nostra immagine ideale di come il nostro rapporto dovrebbe essere, probabilmente non faremo che combattere contro le circostanze in cui ci troveremo, contro noi stessi come siamo verso l'altra persona, contro com'è l'altra persona verso noi.
Non se ne viene a capo, perché questa idea - romantica - che abbiamo dell' “amore” può anche suonarci molto celestiale, ma è in realtà molto solida: appesantita dalle nostre aspettative di gioia e gratificazione.
Ma davvero stiamo insieme ad un'altra persona per essere felici?
Un momento: partiamo dall'inizio. Prima di tutto stiamo insieme ad una persona perché ne abbiamo un bisogno sessuo-affettivo naturale che dobbiamo soddisfare, e questo in sé non è che sia tanto qualcosa che decidiamo noi. Poi una nostra scelta può essere invece quella di cercare soddisfazione a questo bisogno primario all'interno di un rapporto stabile e particolarmente con quella determinata persona, ma - quantomeno arrivati ad una certa età - sappiamo che comunque, in ogni modo e con qualunque persona, problemi e motivi di parziale insoddisfazione ce ne saranno sempre(2) quindi anche questa non è una cosa che avviene davanti al campo aperto di tutte le possibilità ugualmente e positivamente disponibili. Certo, potremmo anche optare per la solitudine o per le relazioni instabili o per un'altra persona, ma sappiamo che in ognuna di queste possibilità ci sarà anche del dolore e dell'insoddisfazione.
La realtà è che la nostra scelta è in buona misura condizionata: ne faremmo comunque una i cui esiti avrebbero molti basilari tratti in comune con questa che abbiamo fatto. Si tratta di capire bene prima se è il modo, il momento e la persona giusta, ma ancor di più che è la vita, prima che noi stessi, a portarci di base su questa strada e che dunque anche qui valgono le caratteristiche che valgono sempre nella vita: le realtà sono condizionate, sono impermanenti e sono in sé stesse in fondo insoddisfacenti.
Ma se questo lo accettiamo come un dato di fatto e con ciò abbandoniamo la nostra idea idealizzata dell'amore e di un rapporto, se lasciamo scorrere le varie facce in cui la nostra unione con l'altra persona si presenta e la vediamo nella sua imperfetta/perfetta speciale unicità, possiamo anche amarla per quel che è e con ciò amare la nostra vita.
E' infatti davanti alla Vita, ancor prima che al partner, che noi siamo impegnati in quel rapporto.
Ma questo non possiamo arrivare a vederlo tanto presto e facilmente e va da sé che, se abbiamo sempre in mente che potremmo in ogni momento abbandonare tutto e ritrovare la nostra libertà… ogni colpo di vento è in grado di portarci via: non potremo vederlo come movimento, ma come insostenibile pressione.
Credo vada anche da sé che, se tutte le circostanze pratiche e culturali che ci circondano spingono in senso opposto, non è affatto facile costruire un tipo di rapporto che sembra fuori dal tempo. Ed è questo infatti un ulteriore motivo per dire che una condizione di vita neo-contadina è certamente la migliore per vincere la sfida di costruire in due un rapporto ed una famiglia che possano durare e trovare un terreno esistenziale dove metter radici (come si potrebbe far questo in un appartamento in città con entrambi i coniugi che lavorano fuori gran parte del giorno in luoghi e occupazioni lontani e diverse e con i figli in qualche spazio esterno istituzionalizzato?).

Ma d'altra parte il discorso che vado facendo non è e non vuol essere moralistico: se ci si trova a decidere che la forma coppia-famiglia stabile e con figli, magari in campagna, è la più appropriata per la propria vita, per la vita umana e per la vita del pianeta, se si sente che questo è ciò che si vuole fare, ciò deve essere perché si arriva a capirlo attraverso la propria esperienza e la propria osservazione delle cose.
Io penso che probabilmente in termini generali sia così, ma capisco pure che oggi come oggi si possono avere buone ragioni anche per scegliere altre strade anch'esse legittime, almeno a livello individuale e relativamente a questa fase storica.
In primo luogo, specialmente qui nell'Occidente sviluppato, evitare di fare figli è senz'altro un alleggerimento per il pianeta dell'enorme peso ecologico che ognuno di noi ha.
In secondo luogo il discorso appena fatto sull'importanza di rimanere in un rapporto una volta che lo si è scelto in un'ottica di stabilità vale, appunto, una volta che lo si è scelto, ma per questo qualcuno potrebbe, giustamente, volerci pensare molto molto bene, perché la nostra vita, in fondo, è tutto ciò che abbiamo.
Le condizioni strutturali economico lavorative della società attuale, insieme alla confusione sul piano culturale nei ruoli maschili e femminili, sono tali che ci sono persone che preferiscono mantenersi fondamentalmente libere e cercare di risolvere il bisogno primario sessuo-affettivo in forme diverse da quelle della coppia stabile e soprattutto con progetti di vita in comune e figli, e trovo che ciò sia perfettamente legittimo. Almeno a livello individuale: certo, se tutti in assoluto facessimo così l'umanità si estinguerebbe, ma questo è solo un caso teorico che nella realtà non avviene, mentre il fatto che questa sia una tendenza che si diffonde comunque come mai prima è segno di disagio e difficoltà nei rapporti tra i sessi e di incertezza nell'immaginare un futuro per le altre generazioni come anche di basi sulle quali impostare un loro indirizzo. Il diffondersi della scelta individuale di rimanere 'single' è un segnale che evidenzia le ragioni di questo disagio e la riduzione numerica della popolazione (la nostra) che vive secondo il modello che produce questo disagio, ritorna, alla fine, per essere un bene per il pianeta.

Dunque, sebbene avendo un senso limitato alla dimensione individuale ed alla contingenza storica, io riconosco comunque positivamente anche l'altra modalità di base in cui un rapporto (in questo caso non proprio) di 'coppia' si può dare: quello dei 'compagni di sesso'.
Ovviamente non si può parlare in questo caso veramente di coppia, ma in parte sì, perché consideriamo il rapporto delle due persone coinvolte nei momenti in cui si trovano insieme, considerando che si tratti di una relazione esplicitamente fondamentalmente di sesso, ma che non necessariamente si limita a quello e che ha comunque una certa regolarità e continuità, anche se eventualmente a termine nel tempo e non necessariamente esclusiva.
D'altra parte va da sé che anche nel rapporto di coppia stabile e duraturo il sesso rimane come il 'motore' vitale energetico portante del rapporto, ma, se molte delle cose che valgono in una relazione tra 'compagni di sesso' riguardo al sesso, valgono ugualmente per una coppia sposata (o comunque che voglia essere stabile e progettuale), l'inverso non vale per la gran parte degli aspetti propri dell'unione di quest'ultima nel caso dei 'compagni di sesso' (che sono solo tali proprio perché non vogliono complicarsi la vita con questi aspetti) e quindi dello specifico propriamente sessuale del rapporto parlo ora a proposito di questa seconda (e in fondo parziale) modalità.
Si tratta probabilmente in ultima analisi di un surrogato, almeno oltre una certa età, ma va preso in considerazione perché mi sembra essere una forma di relazione che si impone come molto tipica ed appropriata rispetto all'epoca in cui viviamo.
D'altra parte il viversi un rapporto, ancorché parziale, incentrato sul sesso, ha il pregio di poter mettere a fuoco, insieme ad un'altra persona, la propria consapevolezza ed esprimere la propria energia all'interno di questa dimensione fondamentale.
Naturalmente non è che l'essere compagni di sesso renda accettabile un rapporto squallido, strumentale , in cui non ci sia apertura, comunicazione, attenzione e profondità. Non c'è necessariamente fedeltà, ma ci deve essere chiarezza e ci deve essere presenza, coinvolgimento nel tempo che si passa insieme, altrimenti anche la soddisfazione viene meno - e va da sé che, a fronte della maggiore limitatezza di un tale tipo di rapporto, da questo ci aspetteremo che debba essere soddisfacente perché in questo caso non c'è motivo, come in una unione stabile, di viversene a lungo anche i risvolti dolorosi o troppo problematici: è un altro tipo di rapporto.
Un rapporto che in primo luogo è tra l'individuo e la Natura, nel senso de la Base della Realtà, ciò che è basilare, non creato dall'uomo. In questo senso il sesso è qualcosa di più reale - o quantomeno più certo - dell'amore, qualcosa che vive di istinti primari energetici, fisici e psichici nello stesso momento, in cui non hanno così tanta parte come nel cosiddetto 'amore'(3), con tutto il suo romanticismo, le mille proiezioni mentali fondamentalmente egoiche che gli proiettiamo sopra. Ed anche ciò che di fantasmatico mettiamo nel sesso ha una connessione così immediata col corpo da renderlo tutt'uno con l'energia psicofisica.
Nel sesso l'Energia che è in noi si manifesta in modo esplicito e primario, basilare: abbiamo bisogno di qualcuno per innamorarci, ma abbiamo la voglia di sesso anche se non abbiamo nessuno con cui farlo.
Ed il sesso è l'Energia primaria anche in un altro senso: in questa forma si manifesta al di là e prima del Bene e del Male. Prima o superando il nostro giudizio in questi termini: nel sesso facciamo o vorremmo fare o ci piacciono cose che, fuori da quel contesto, considereremmo negativamente o proibite o perfino ci potrebbero fare schifo. Ma questo andare oltre, al di là, lasciarsi trasportare, è proprio il tesoro che sta dentro al sesso: qualcosa che vive dentro di noi, ma che va al di là di noi. E' tutta la Natura, la Vita, l'Energia che vive dentro di noi e va al di là di noi e che in tutte le cose potremmo vedere, ma di cui nel sesso abbiamo una percezione diretta e dall'interno. In un modo forte, evidente, al quale, anche volendo, non possiamo sottrarci ed in un modo che al tempo stesso ci dà il Bene (il benessere, la distensione, la liberazione) passando per qualcosa che quantomeno appare rasentare o mischiarsi con aspetti (l'aggressività/violenza, il senso di sporco, tendenze sadomasochiste…) di ciò che ha a che fare col “Male” , sconvolgendo così le nostre proiezioni e categorie.
Fare sesso è frequentare questa dimensione basilare trovandoci l'al di là che contiene.
Il rapporto è quindi in primo luogo con la dimensione del sesso stessa (ovvero con l'Energia), prima ancora che con la persona con cui lo si fa. E fare sesso insieme è celebrare insieme questa energia ed i nostri corpi e le nostre menti nelle quali vive. Si tratta quindi di stimolarsi reciprocamente ad andare sempre più dentro a ed a sempre più lasciarsi prendere da questa cosa per esprimerla in modo pieno.
I due compagni di sesso quindi hanno un legame fra di loro, sia per l'affinità/simpatia/attrazione elettiva che li ha portati spontaneamente a trovarsi su questo piano prima, sia per il senso di gratitudine ed intimità reciproca che si sente dopo essersi scambiati energia a livello così profondo (nel senso di basilare, primario) dopo. Ma prima ancora di essere compagni fra loro sono compagni di fronte all'Energia che celebrano che, quanto al loro atteggiamento mentale nella considerazione del loro rapporto, è il punto di fuga della prospettiva della loro esperienza.
Quindi, anche se conoscono il mondo abbastanza da sapere che l'incontro, l'intesa e l'affinità che ci sono tra loro non si trovano indifferentemente ogni momento con chiunque, essi sanno che non sono loro la vera ed ultima sostanza di ciò che vivono insieme. Sanno che ciò su cui si trovano va molto al di là di loro e che non gli appartiene e che inoltre è qualcosa di molto vivo e mobile, che non si manifesta sempre, ma che va e viene. Quindi riconoscono i limiti del loro incontro e non si aspettano che debba dargli soddisfazione, gratificazione e compagnia in tutti i piani e i momenti della loro vita: arriva dove arriva ed al di là ci sarà qualcos'altro, o si tornerà alla propria esistenza individuale.
D'altra parte essi riconoscono pure la bellezza di poter manifestare insieme l'energia del sesso e la bellezza non comune di poterlo fare andandoci dentro appieno con una persona che è consapevole di che cosa si tratta e perciò hanno reciprocamente simpatia e rispetto e danno spazio anche ai tanti piani di comunicazione collaterali non direttamente sessuali che condividono intorno al loro rapporto fondamentalmente sessuale.

Credo che un tale tipo di sentire dovrebbe essere il cuore centrale energetico di ogni sana relazione uomo-donna, sia che si tratti di un matrimonio /unione duratura, sia di una sorta di 'sodalizio' magari a termine tra persone che si trovano semplicemente sulla condivisione, diciamo, di una pratica energetica, perché questo è ciò che sta alla base dell'eterna attrazione-conflitto maschio/femmina che dà forma e vita a tutti i vari infiniti tipi di rapporti in qualsiasi modo di coppia, che ho voluto riassumere in queste due modalità basilari.

Non credo sia necessario sottolineare l'abissale differenza tra questi modi di intendere, vivere e praticare i rapporti sessuo-affettivi, come che siano, e quelle frequenti e sempre più diffuse forme di inganno e sfruttamento reciproco a puri fini di ego-gratificazione da rapina che caratterizzano molto spesso le storie d'amore come pure di sesso attuali, dove l'ambiguità e la menzogna, la non-chiarezza e la doppiezza, rispetto agli altri come pure a sé stessi e ai propri stessi intenti sono la regola. Ciò che è peggio è che non solo i più questi comportamenti se li permettono allegramente, ma che pure se li aspettano.
Come credo che altrettanto non sia il caso di sottolineare quanto questi atteggiamenti auto/deresponsabilizzanti e consumistici non siano affatto un segno di scioltezza e di libertà, bensì di inconsapevolezza, confusione e vigliaccheria, che crea ulteriore confusione nel mondo e sfiducia preventiva tra le persone - e specialmente tra i sessi - e distrugge (credendo di fare il contrario) la capacità delle persone di godere pienamente della propria e altrui energia sessuale in tutta la sua potenza e profondità.
Un comportamento sincero, consapevole, corretto, rispettoso e responsabile infatti, se si avesse la mente chiara e coraggiosa, non impedirebbe minimamente di presentarsi per quelli che si è, dire chiaramente cosa si sente, qual è il proprio approccio ed il proprio comportamento, anche con il coraggio e la correttezza di rivendicarli completamente. In questo modo si darebbe al contempo la possibilità alle altre persone di sapere cosa si stanno realmente vivendo, fare le proprie scelte, si diffonderebbe, all'esterno, una base sulla quale, pur scomodamente, potrebbe crescere una certa diffusa fiducia reciproca in materia sessuale tra uomini e donne (“almeno so con chi ho a che fare”) e, all'interno, la capacità di conoscere sé stessi, le proprie pulsioni, il percorso dei propri comportamenti, cosa che, ovviamente, non è possibile se si raccontano sempre finzioni a sé e agli altri per fare ciò che si potrebbe poi fare lo stesso con un diverso atteggiamento e giustificare ciò che è solo la propria paura e vigliaccheria.
Ma purtroppo questa è la via del consumismo sessuo-affettivo odierno e della superficialità che viene contrabbandata per libertà.



(1) o una unione stabile, uso questi termini come sinonimi, non ci vedo nessuna vera differenza se c'è stata una cerimonia ed un “contratto” o meno.
(2) questo è uno dei motivi per cui ci sono importanti aspetti positivi anche nelle trasformazioni apportate dalla modernità in questo campo: è importante che, al momento di sentirsi pronti per un rapporto stabile e che voglia essere duraturo, si siano avuti diversi altre relazioni e si abbia quindi un certo bagaglio di esperienze. Del resto anche tra i Masai del Kenya e Tanzania gli uomini usavano rifiutare una ragazza proposta in moglie se si accorgevano che era vergine.
(3) Continuo a metterlo tra virgolette non certo perché credo che non esista ciò che sta sotto questa parola ma perché ritengo che il concetto di 'amore' nei rapporti sessuo-affettivi sia fuorviante in quanto vi si includono troppi significati anche piuttosto diversi e che perciò diventa qualcosa di utile a far passare qualsiasi discorso, da un lato, mentre poi, ad un certo momento, si arriva a voler stabilire cosa sia il 'vero amore' e cosa no. A me pare invece che la dimensione sessuo-affettivo-energetico-relazionale tra uomini e donne - con in più anche tutte le questioni pratiche, sociali, suturali, economiche ecc… che gli sono in vario modo connesse - sia di una tale complessità, e si manifesti in tanti aspetti (ed i loro contrari - perché gelosia, ossessività, rancore, odio, violenza non sono forse l'altro lato, quello oscuro, dell' 'amore' ?) che non possa andare sotto un termine unico ed unilaterale come 'amore' - che per di più è anche usato in senso morale, sociale, religioso e a proposito di altri tipi di rapporti in senso e contesti molto diversi. Preferisco dunque di volta in volta nominare più precisamente quella particolare sfumatura dell' 'amore' o specificare di che forma di amore si tratta o usare complessi di parole.



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