Ecofondamentalista. Riflessioni di un neo-contadino
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SULL' AUTORE E SUL SITO

Non ho più molta voglia di parlare, davvero: preferisco ascoltare il silenzio.
Che del resto non è mai piatto: c'è sempre un uccello che canta, un cane lontano che abbaia, un trattore che lavora il campo sulla collina di fronte.
Oggi è così, ma quando ero un ragazzo ogni occasione era buona per intavolare lunghe discussioni, e polemiche possibilmente, con chiunque, per argomentare le mie idee e confutare quelle altrui.
Devo ammettere che credevo fosse più facile cambiare il mondo.
Erano i tempi delle lotte politiche, la fine degli anni '70, ed allora, in effetti, ad un adolescente almeno, poteva davvero sembrare una possibilità a portata di mano.
Però non era così facile, soprattutto perché il mondo è piuttosto recalcitrante a farsi cambiare.
Le lotte politiche fallirono e per molti anni rimasero quasi ferme dopo che fu ucciso Aldo Moro.
Fu lì che abbandonai l'antagonismo: non c'era modo di vincere sul piano dello scontro contro un Sistema troppo più forte. E poi, anche, vivendo sempre sul piano del conflitto si finiva per deformarsi lasciando spazio solo a quelle parti di sé che erano funzionali allo scontro, finendo poi per diventare, in quanto perdenti, in certo modo, funzionali al Sistema.
Ho cercato dunque un'altra via: quella dell'alternativa.
Vivere un altro tipo di vita, così estraneo al Sistema da non combatterlo neppure, non direttamente almeno. Costruire questo altro tipo di vita a partire dalle esigenze basilari, di sussistenza: il luogo in cui si vive, come e cosa si mangia ecc…. e, a partire da questo, costruire la dimensione in cui trovassero spazio gli altri ulteriori aspetti della vita.
Sono andato a vivere in campagna.
Era l'82, avevo 19 anni, e ci sono ancora.
A partire da questa impostazione, e a partire da questa esperienza, molte cose sono cambiate dentro di me da allora. Fra queste, una è che ho notato che parlando e polemizzando capita spesso di attaccarsi troppo alla volontà di aver ragione, di conseguire una sorta di vittoria nella discussione. Capita molte volte di mascherare questo desiderio di gratificazione personale con l'idea di star facendo qualcosa per l'affermazione della verità e di esser così presi da questa aspirazione da non riuscire più a capire bene l'altro né a farci capire da lui.
Si tende ad andare di fretta nell'aver ragione, mentre un'altra lezione di questi anni è stata che le cose vere non si fanno in fretta e che, anzi, se uno è impegnato a fare delle cose vere, che richiedono tempo, non gliene rimane molto per discutere.
Ho capito anche che sovente le cose si capiscono meglio tenendosele un po' dentro e tornandoci su, dandosi tempo per rispondere.
Meglio la parola scritta dunque, che si lascia scegliere e rileggere.
Sì, perché molte cose son cambiate, e non ho più tempo per parlare e polemizzare, ma non è che non abbia più niente da dire, né che l'alternativa di vita da costruire mi serva a tenermela solo per me.
Non mi riconosco nei partiti né più di tanto nei movimenti che vedo oggi nella società, ma ci sono cose nella realtà che "gridano vendetta", come si dice, e a volte sento questo grido voler uscire anche con parole mie. C'è inoltre un enorme bisogno, mi sembra, di rimettere la visione della realtà in una giusta prospettiva : mi pare sia una questione ormai pressoché di sopravvivenza.
Dunque le scriverò queste parole , quando vorranno uscire, così saranno pronte per essere lette se qualcuno vorrà farlo, con calma, senza sfide, senza duelli all'ultima sentenza, solo come suggerimenti proposti al ragionamento per chi li volesse raccogliere, che tanto sarebbe troppo facile se bastassero le polemiche a convincere il mondo a cambiare.
E le affiderò alla rete dei 'naviganti' queste parole, come i classici messaggi nella bottiglia, lasciati da un naufrago di un'idea che non c'è più che vive su un'isola che non c'è ancora.




Mi chiamo Sergio Cabras e sono l'autore di questo sito e di tutti i testi qui contenuti.
Questo sito è per me un punto di arrivo - e, come dovrebbe accadere spesso ai punti di arrivo finché siamo vivi, spero anche un nuovo punto di partenza - perché attraverso di esso mi do finalmente la possibilità di esprimere a tutti coloro che volessero spenderci sopra qualche momento di attenzione, molte cose che per lungo tempo avrei voluto scrivere, ma per le quali sentivo di dover aspettare.
Il motivo era che non credo alle proposte che sono solo teoriche, anche quando ciò che viene proposto è in effetti una teoria. Sono convinto che la proposta di un modo di vedere il mondo debba essere integrale, debba essere quella di un modo di viverci, che si debba fare lo sforzo di incarnare, per quanto possibile, la propria idea nella propria vita, e che ciò vada fatto e realizzato almeno in misura sufficiente prima di proporre agli altri l'idea di una alternativa.
Non volevo essere l'ennesimo intellettuale che parla di cose che non pratica e che, di conseguenza, nella pratica, non conosce - per raffinate che siano le sue teorie.
Mi ci è voluto un buon pezzo di vita, per il quale ho, tra le altre cose, anche dovuto abbandonare l'università ovvero gli studi formali, dato che i lavori agricoli - e gli altri occasionali e/o collaterali che sono stati, e sono, necessari a volte ad integrare l'insufficienza finanziaria che il lavoro della terra non basta a colmare - non me ne hanno lasciato il tempo. A ciò probabilmente è dovuta - e me ne scuso - una certa eventuale insufficienza e farraginosità linguistica che potrà a volte rendere un po' impervia la lettura di ciò che scrivo.
Venuto in campagna da Roma, dove sono nato nel 1963, avendo prima vissuto questa scelta di vita all'interno di una delle poche - ma pur sempre esistenti - esperienze collettive di occupazione e recupero di casolari e terre abbandonate in Italia ed avendola in seguito proseguita in forma più individuale, credo oggi di aver sufficientemente realizzato una forma di vita nei limiti del possibile non compromessa, non strutturalmente dipendente ed integrata dal e nel 'Sistema' consumistico ed eco/socio-distruttivo per il nostro pianeta - che è peraltro l'unico che abbiamo.
E' evidente che questa è una condizione ancora realizzabile solo in modo relativo: dovremmo essere in molti di più a fare scelte simili per poterla rendere davvero effettiva. Anche io, infatti, occasionalmente integro l'attività agricola con altre fonti di reddito che, nel mio caso, sono l'organizzazione/accompagnamento, come mediatore culturale, di viaggi di turismo responsabile. Tuttavia credo oggi di poter parlare da una base che è non esattamente interna a questo Sistema. Almeno in parte: una parte tale da poter dire che, nell'ipotesi che molte delle attuali strutture portanti della società e dell'economia dovessero essere drasticamente riconvertite in senso autenticamente eco(e-terzomondo-)compatibile - con tutte le drammatiche conseguenze che un tale cambiamento nel contesto odierno realisticamente comporterebbe - il mio modo di vivere attuale non ne sarebbe sconvolto; dovrei certo anch'io fare alcuni aggiustamenti, ma la situazione di fondo non cambierebbe un gran ché.
Credo questo sia un buon metro per misurare la realizzazione nella propria vita delle proprie idee di ecologismo e giustizia sociale, se uno le ha. Perché, se è vero ciò in cui crediamo noi che in varie forme a queste cose siamo ancora legati (che son poi le persone a cui mi rivolgo), arriverà presto la dimostrazione che avevamo ragione attraverso le conseguenze di quanto di distruttivo è stato fatto da questo Sistema sul pianeta. E con ciò arriverà anche il giro di boa in cui il tempo delle sole parole (per quanto intelligenti e bene intenzionate) sarà finito e certi cambiamenti drastici andranno fatti (e più tardi arriveremo a capirlo e più drastici saranno), e chi sarà 'forza di cambiamento (comunque necessario)' e chi 'forza di reazione, di conservazione' di fronte a un tale passaggio, non sarà definito più dall'ideologia, ma dai fatti, dalle condizioni reali in cui ci troviamo, secondo il modo in cui abbiamo costruito la nostra vita in primo luogo sul piano strutturale.
Oggi dunque mi sento in condizioni di poter dire la mia, per quello che vale.
Ma è per me un fatto importante che costruire l'alternativa nella propria vita sia un fatto integrale: si deve partire dal piano materiale, strutturale, ma ciò deve crescere anche fino ad esprimersi coerentemente sia sul piano relazionale che su quello mentale/culturale. In altre parole si deve produrre cibo sano, ma anche rapporti sani e idee sane.
Lo scopo di questo sito, dei testi in esso contenuti, è quello di rappresentare ed esprimere una serie di riflessioni che, tutte insieme, descrivono un po' il modo in cui io vedo il mondo. E siccome cerco di dargli una forma abbastanza completa e dotata di una certa coerenza interna faccio riferimento a questo insieme di idee come ad una vera e propria welthanschauung, una visione del mondo, una ideologia, che chiamo 'Ecofondamentalismo'.
Non uso questa parola in modo generico, nel senso di un atteggiamento molto radicalmente ecologista o qualcosa del genere; è certamente anche questo, ma si tratta precisamente in questo caso del nome che do - perché mi appare quello che la definisce meglio - alla visione del mondo che vado cercando di argomentare, spero, con una certa misura di coerenza logica. In modo integrale, a partire dai 'massimi sistemi', fino a tanti aspetti della vita quotidiana.
Non mi sfugge il fatto che si tratti di un obiettivo ambizioso, specialmente per uno la cui occupazione di base è quella del (neo-)contadino, ma credo che un tentativo vada fatto. Un po', personalmente, perché - al di là delle scelte di vita - la filosofia è sempre stata il centro dei miei interessi, ed è un modo di esprimermi di cui sento di aver bisogno, ed un po' perché, al di là di ciò che riuscirà o meno di fare a me, credo che di un nuovo 'pensiero forte' ci sia ormai quantomai bisogno.
Voglio dire - dato che leggendo alcuni passaggi di alcuni testi qualcuno potrà pensare il contrario - che io, come ambienti ed esperienze, ho una storia di sinistra, di estrema sinistra. Però oggi non mi considero più non solo di estrema, ma neanche più di sinistra, sebbene mai e poi mai potrò sentirmi uno di destra (e neppure un cattolico - sia detto questo ora solo di passaggio per evitare altri possibili equivoci).
Con l'Ecofondamentalismo faccio un tentativo di costruire un'idea che vada veramente al di là di queste categorie politiche (e non solo) che oggi ritengo profondamente superate, inadeguate ad affrontare i problemi di fondo che abbiamo davanti, ormai ridotte ad una rendita di posizione per i politici di professione che ci campano sopra e buone per 'formare le squadre' (definire gli schieramenti) nei bar quando non si parla di calcio.
Si tratta in realtà di due figlie della stessa madre: la cultura occidentale moderna, la quale, insieme alle sue espressioni tecnologiche e militari, vorrebbe tenersi stretto il ruolo di guida nella storia dell'umanità, ma che è nei fatti ormai più capace di creare ulteriori disastri che di immaginare soluzioni a quelli che ha già creato.
Bisogna urgentemente imparare a concepire altre strade possibili e, nel mondo globalizzato e post-moderno in cui viviamo, queste devono saper uscire da dicotomie tutte interne all'Occidente e saper attingere alle mille fonti che ci vengono dalle diverse tradizioni del mondo e dal passato come dal presente.
Il corso che la Storia ha seguito ci mette in condizione di poterlo fare: elementi diversi di molte provenienze ci stanno davanti (almeno come spunti teorici) grazie alle diverse discipline di studio con cui il pensiero scientifico ed umanistico ha scandagliato il mondo e la liberazione del pensiero critico che a questi si è accompagnata ci mette in condizione di reintegrare in nuovi sistemi possibili (e praticabili) ciò che sapremo trovare di valido all'interno di questi elementi.
Con libertà, ma anche con coerenza.
Io credo che sia urgente cercare di farlo.

Sergio Cabras
(sercabras@gmail.com)



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