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SAGGEZZA

(versione PDF)

- "Per come la vedo io, siamo alle prese con una crisi energetica, non vi è dubbio su questo. Ma la crisi più grave è la crisi della saggezza. Il nome della nostra specie è homo sapiens sapiens. Può darsi che possediamo una conoscenza due volte più estesa dei nostri predecessori, ma non siamo sufficientemente saggi. E il nostro destino dipende molto più dalla saggezza che dalla conoscenza. Non dobbiamo dimenticare che, durante l'embargo (crisi petrolifera - si riferisce a fatti avvenuti negli USA - ndr) del 1973-74, alcune persone che sapevano di non poter fare benzina prima della chiusura dei distributori, hanno usato le armi per arrivare ai distributori prima degli altri. Non dobbiamo evitare di chiederci: "Che cosa potrebbe decidere una grande potenza, armata di testate nucleari, se arrivasse il tempo in cui non ci fosse più energia sufficiente per mantenere operativo il suo sistema esosomatico (tecnologico - ndr) ?

Con Aristotele, l'economia sorse dall'etica. Ora le carte sembrano capovolte: una nuova etica emerge dalla bioeconomiae e il suo comandamento è: "Ama la tua specie come te stesso". Naturalmente molti vorrebbero impedirmi di andare avanti su questa strada, perché, dicono, sono un utopista. Su questo punto mi dichiaro "reo confesso" con grande orgoglio. Non conosco infatti teorie importanti per l'umanità che non siano state, almeno per una volta, considerate utopistiche.

In questi tempi ci troviamo di fronte a un'infinità di istituzioni impegnate, con l'aiuto dei computer o meno, a vagliare in lungo e in largo i vari aspetti della crisi bioeconomica - o della crisi energetica, come loro la definiscono. Non dobbiamo attenderci nulla da questo impegno ora in voga che possa risolvere o anche solo attenuare la crisi in modo significativo. Solo una sostenuta e forte campagna di diffusione dell'urgenza di una nuova etica potrebbe essere di aiuto. Spostiamoci allora da una ecologia "da salotto" a una ecologia militante, che tenti di raggiungere il centro nevralgico della saggezza, invece di indulgere in infinite previsioni sullo stato del mondo al 1990, al 2000 oppure al 2300. Quando, nel 1980, fui invitato a esprimere di fronte a una Commissione presidenziale la mia certamente poco apprezzata opinione su ciò che la commissione stessa doveva fare per gli anni ottanta, dissi che, per prima cosa, essi non avrebbero dovuto perdere di vista il fatto che il mondo non sarebbe certamente finito col 1990."

Tratto da un testo di Nicholas Georgescu-Roegen per un congresso mondiale di economisti nel 1983

In Bioeconomia. (a cura di M.Bonaiuti - Bollati Boringhieri)

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